Dalla mostra DEI TARTUFI E DELLE “LACRIME”: LE VOCI E I SENTIERI DEL TEMPO.

Viaggio, scritto e gustato, nella tradizione dei tartufi e del vino Lacrima (a cura di Tommaso Lucchetti e Federica Candelaresi in occasione della Festa del Lacrima e Tartufo edizione 2009) le presentazioni delle varie sezioni e alcune citazioni e ricette proposte, tratte da fonti archivistiche, dall’antichità al presente.

II LACRIMA, PRIMA DI MORRO D’ALBA:

antiche tracce del nome di un vitigno

La denominazione “Lacrima” per vini pregiati attraversa la storia ben prima che qualcuno si accorgesse del nettare locale di Morro d’Alba. La denominazione nasce nel senso di “liquido che le piante trasudano”, ed in particolare dei grappoli e degli acini che stillano lacrime in prossimità della vendemmia; non a caso il medico della corte medicea Francesco Redi, da poeta ed accademico della Crusca definisce “Sangue che lacrima il Vesuvio” il vitigno originario del cosiddetto “Lacrima Christi”, vino celeberrimo nel passato più volte citato nei secoli da personaggi illustri e non.

Sante Lancerio (bottigliere di papa Paolo III), “Lettera sui vini”, manoscritto, 1559 circa
Il vino nominato Lagrima.
Per tutte le parti del mondo dove si fa vino, si può fare. Si fa nel regno, e viene da più casali e luochi della montagna di Somma. Si domanda Lagrima perché alla vendemmia colgono l’uva rossa, e la mettono nel palmeto (tino in cui si pigia l’uva) ovvero tina, ovvero, alla romana, vasca. E quando è piena, cavano, innanzi che l’uva si sia bene pigiata, il vino che può uscire e lo imbottano. E questo domandano Lagrima perché nel vendemmiare, quando l’uva è ben matura, sempre geme. Ne viene a Roma poco, ma il meglio è quello della montagna di Somma. \r\n

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Carte di casa di una corte cardinalizia maceratese”, manoscritto, 1670 circa

Ogn’anno far venir un botticello di lacrima gentile di Napoli.

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ED ECCO IL LACRIMA DI MORRO D’ALBA:

le più antiche documentazioni della futura DOC marchigiana

A metà Ottocento alcuni documenti e studi di enologia cominciano finalmente a far emergere, dall’universo del vitigno “lacrima”, la storia particolare della variante marchigiana che ha come cardine identificativo il borgo di Morro d’Alba. Dopo la prima e più nobile e conosciuta varietà napoletana, ammantata dal fascino eterno del Vesuvio e delle vestigia pompeiane, e dopo alcune attestate presenze in Piemonte, Emilia, Toscana e Lazio anche le Marche vedono identificata la loro “Lacrima”. Dopo I’Unità d’Italia qualche pubblicazione periodica nazionale ma soprattutto i primi censimenti enologici ed ampelografici sul territorio regionale registrano questa produzione di vino, circoscritta ma significativa.

Primi studi sulle viti della Provincia di Ancona eseguiti nel 1871 dalla commissione ampelografica”. Ancona 1871, Tipografia del Commercio
12. Lacrima

sinonimia – Lacrima (ovunque)

GRAPPOLO – lungo, di forma generalmente regolare, di color nero rossastro con riflessi violacei. Con effervescenza cerea poco tenace; acinelli il più spesso ovoidali, dei quali alcuni spesso rimangono immaturi, portati da peduncoli lunghi (poco più brevi della bacche stesse), che s’ingrossano nel punto d’intersezione sulla buccia, tingendosi quivi in rosso-vinoso; e formano un grappolo molto sciolto; asse primario verde pallido, rossastro nella parte libera che raggiunge talvolta in lunghezza di quasi quella del grappolo.

FOGLIA – picciolo cilindrico, quasi lungo quanto la nervatura mediana, ora verde pallido, ora sfumato di rossastro. Foglie quinquelobate, coi lobi bene distinti, divisi da 4 seni profondi, talvolta il lobo medio si mostra come bipartito; bordo irregolarmente seghettato, inciso, faccia superiore glabra, di colore verde scuro; la inferiore, colle nervature salienti, bianco-verdastre.

TRALCIO – rosso pallido o verde sbiadito, sottile, con nodi frequenti. Matura presto; resiste alla pioggia e alla siccità; ha buccia resistente, polpa assai succolenta, di sapore zuccherino con aroma sensibile.

N.B. – Esiste una sotto-varietà della Lacrima comune con acinelli più radi e più piccoli, che maturano contemporaneamente; porta il tralcio, il picciolo e i lembi delle foglie tinti in rosso vinoso più carico; ha la polpa di sapore fragrante come di rosa – Distinta nel territorio anconitano sotto il nome di Lacrima Cristi e nel Loretano di Lacrima garofolata.

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UNA FURTIVA LACRIMA SULLA PAGINA:
citazioni letterarie di un vino tra autori classici e romanzi contemporanei

L’immaginazione letteraria nel suo costruire storie d’invenzione imita e reinventa la realtà, ma restituisce in questo modo una testimonianza ulteriormente preziosa della vita reale e di tutti i suoi aspetti. Un vino, descritto o collocato in un contesto immaginario da uno scrittore, acquista un altro suo valore aggiunto impalpabile. Succede nel caso di due importantissimi autori del passato che tratteggiano il Lacrima nella sua globalità, ma capita anche a romanzieri di oggi che dedicano alcune loro righe d’autore al vino di Morro d’Alba.

Torquato Tasso, “Prose filosofiche”, XVI sec.

Onde vorrei, che così intendeste, che da Omero sia chiamato vin dolce, come Catullo è chiamato amaro. Negro poi lo chiamava Omero avendo forse riguardo ad alcun vino particolare, che in quel tempo fosse di pregio, come è ora la Lacrima, la quale, tuttoché sia premuta da quelle uve stesse, dalle quali è espresso il Greco, è nondimeno di color vermiglio. \r\n\r\n

David Miliozzi, “Sogni premonitori”, 2008

Per fortuna l’asso nella manica: una bottiglia di Lacrima di Morro d’Alba d’annata che aveva preso al ristorante e teneva gelosamente da parte aspettando I’occasione giusta. La stappò con fierezza davanti ad Aurora, manco fosse una cliente. Ci mancava poco che le facesse vedere e le chiedesse se fosse di suo gradimento.

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LACRIMA DA GOURMET:

annotazioni tra guide e taccuini di viaggio di escursionisti del gusto

Da sempre gli autori di memoriali e diari di viaggio lasciano appunti e ricordi su cibi particolari, consuetudini a tavola, o, più personalmente emozioni, all’incrocio di memoria e gusto nel tratteggiare sapori particolarmente amati. Nel tempo è nata una letteratura specialistica, le cosiddette guide gastronomiche, che segnalano una geografia delle sensazioni assolutamente imperdibili per i gourmet alla ricerca di intriganti suggestioni golose. Recentemente queste pubblicazioni si sono fatte sempre più specializzate e circoscritte, dedicate monograficamente a determinate produzioni alimentari ed a contesti territoriali precisi, tra cui è facile rintracciare appunti golosi sul Lacrima di Morro d’Alba.

Lucia Morello, “Le vie dei sensi. Viaggi enogastronomici di una pasionaria nei luoghi della memoria e dialogo con Ferràn Adrià”, Volume 2 di Il senso del viaggio, 2004

Ho nella mente le immagini del lago.

Un porticciolo per gli approdi dei vacanzieri di fine stagione di fronte. Seduta al tavolo di un ristorante spudoratamente romantico. Dal nome di poco romantica memoria, però. A scegliere il vino giusto. Cantina impagabile e ricca di rarità. Lacrima di Morro d’Alba. Con crudità di pesce… di lago, naturalmente. E uno chef (una… chef) “da stellare” in cucina. Lacrima di Morro d’Alba. Nettare autoctono di collina e di mare in un luogo dove mai avrei pensato di trovarlo. Lacrima di Morro d”Alba.

E una sommelier che mi guarda stupita. Approva la scelta.

Lacrima di Morro d”Alba. Lacrima.

Ugo Bellesi e Tommaso Lucchetti, “Marchigiando: Dizionario della cucina marchigiana”, 2007:

Il Lacrima di Morro ha colore rosso rubino e sapore gradevole e morbido mentre l’odore è intenso. Si abbina bene con piatti di carne arrosto o anche con primi al sugo. Se giovane può accompagnare anche piatti di pesce, carni lesse e lo stracotto. […] Il lacrima di Morro Passito ha colore rosso intenso tendente al granato, con sapore vellutato ed armonico con odore caratteristico […] è ottimo con paste secche ma anche a fine pasto.

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UNA LACRIMA SUL RISO:

antologia di ricette tra antiche memorie di contadini e recenti invenzioni di chef

Notoriamente il vino è da sempre protagonista della mensa non solo come sovrano indiscusso delle mescite per innaffiare le portate, ma anche come protagonista stesso delle creazioni cucinarie in quanto ingrediente nella preparazione e cottura di molte ricette. Nella storia in cucina del Lacrima di Morro d’Alba, c’è di certo un “ante” ed un “post” determinato da un evento cruciale, in questo caso una conquista epocale, la DOC raggiunta nel 1985. Prima di allora gli abitanti del borgo ricordavano l’impiego del loro vino per consuetudini rurali antiche, perpetuate in casa in varie preparazioni tra cui l’impiego della loro uva e del loro mosto per i tradizionali dolci della vendemmia. Dopo la gloria del marchio, tanti chef hanno celebrato il “Lacrima” con ricette nuove, dopo la Doc viene esaltata Ad hoc.

Sughetti (con mosto di Lacrima) secondo tradizione locale. Mosto, zucchero, farina.

Polenta con la sapa (di Lacrima); 2 I di mosto; farina di granoturco; 1/2 l di sapa fresca di cottura.

Far bollire il mosto schiumando di tanto in tanto. Versare la farina girando con un cucchiaio di legno. Aggiungere la sapa a piccoli sorsi e lasciare cuocere amalgamando di continuo. Versare nel piatto e, una volta fredda, tagliare a fette e servire nei piatti da dolce. \r\n

Per la Sapa:

3 kg di acini d’uva ben lavati; miele oppure zucchero.

Schiacciare gli acini in una terrina e versarli in un paiolo di rame con un po’ di “acquamelata” cioè del miele sciolto in acqua. Far bollire a lungo a fuoco basso finché il mosto sarà denso. Filtrare con un canovaccio di lino e strizzare bene le bucce. Mettere il mosto nel paiolo e unire il miele. Lasciare evaporare a fuoco molto basso. La sapa deve essere molto ristretta come una marmellata. Appena calda travasarla in un vasetto di vetro.

Stinco di maiale al Lacrima

2 stinchi di maiale già tagliati sia a metà sia in verticale; 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva; 2 cipolle; qualche foglia di salvia; un rametto di rosmarino; 1 bicchiere di vino Lacrima; 2 bicchieri di brodo di carne; un rametto di rosmarino; sale e pepe.

Disponete in una teglia da forno la carne di maiale, irrorate con l’olio d’oliva e cospargete il tutto con le cipolle tagliate a rondelle e un trito grossolano di salvia e rosmarino. Mettete nel forno già caldo a 180° e dopo una ventina di minuti irrorate con il vino Lacrima e il brodo. Salate e pepate. Fate cuocere per almeno un’ora e mezza, girando spesso gli stinchi.

[…]


SERE DE VENDEGNA
Senti che croccolà giù la cantina
pe’ le pedrie ch’ho meste in te la botte?
Ecco, è la sera! Riga già la notte
col nero, co la nebbia fina fina!

La luce fora è stada già picciada
e filtra i raggi ’mezzo a ’sa nebbietta …
Passa sveltra ’na feda, ’n bicicletta
come sci avesse fatta ’na sgappàda!
¨’N ombra e n’ombrella neri s’allontana … ¨Chissà ’n do che girà? Que avrà ’ntel core? ¨L’arloggio su da cima sbatte l’ore ¨mentre da longo tocca ’na campana. ¨Silenzio! Laggiù basso la cantina ¨se chiacchiera a lo scuro, se ragiona. ¨La botte granne, quella più trippona ¨alza la voce, crollanno, pina! “Poesie in vernacolo” di Ermanno Giampaolini (1913-1993)

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